Il racconto è tratto dal manoscritto di Nicola Mattanò che racconta la sua storia vissuta al fronte orientale in Jugoslavia nella Seconda guerra mondiale dal 1942 al 1945, prima come militare e, subito dopo, come partigiano. Il racconto è caratterizzato da varie vicissitudini: la leva, dove Nicola conosce la realtà dell'Italia fascista; il fronte orientale jugoslavo; la prigionia nel campo tedesco; la fuga; il rifugio e l'ospitalità, in cambio della prestazione lavorativa, nei villaggi delle famiglie slave dove Nicola è stato accolto come un figlio; la guerra partigiana; la liberazione di Belgrado e di Zagabria, dove Nicola ha combattuto come partigiano nella "Divisione d'assalto Garibaldi". Il racconto ha un impatto emotivo che ti catapulta nella scena dei fatti. Il manoscritto Nicola lo ha consegnato al figlio Angelo come il passaggio di testimone, prima di morire. Un racconto utile e importante affinché la memoria abbia il riconoscimento del valore che merita e che sia ereditata, soprattutto, dalle giovani generazioni, perché "la memoria è tesoro e custode di tutte le cose" (Cicerone). Nicola, con la sua testimonianza, ci fa capire che il destino è uguale per tutti gli uomini, perché nella sofferenza e nel dolore esiste il collante che unisce gli esseri umani; inoltre, non importa il colore della pelle e l'origine delle persone, perché esistono persone che fanno del Bene e persone che fanno del Male: "il Male che nasce nel vuoto del pensiero", per dirla con Hannah Arendt.