La proposta di regolamento unionistico sulle vendite mobiliari transfrontaliere costituisce un germe nella direzione dell’avvicinamento delle discipline contrattuali. Essa si pone nel dialogo più generale dei formanti normativo e dottrinale nella materia del contratto.
Si esaminano: lo stato del processo europeo in tema di disciplina comune dei contratti e speciale dei contratti consumeristici; la pretesa autonomia del regolamento ed il rapporto con i princìpi e le clausole generali; la tecnica del multilivello e dei controlimiti e il ruolo delle carte fondamentali; la buona fede e l’abuso; la ragionevolezza contrattuale; la forma; la negoziazione individuale; l’iniquo sfruttamento e l’eccessiva onerosità sopravvenuta; gli obblighi informativi precontrattuale e l’abuso tra professionisti. La proposta di regolamento evidenzia una scelta contrattuale che supera l’impianto volontaristico e approda con cautela ad un impianto normativo volto ad introdurre un principio di «giustizia» contrattuale.
Una giustizia contrattuale fatta non di equivalenza ma del «giusto mezzo» aristotelico, che nel riflettere l’art. 41 cost. vuole impedire che il contratto trasmodi in uno strumento di «inutilità sociale».
L’utilità sociale non è negatrice di quella individuale ma postula una sintassi tra l’utile individuale e quello sociale, tra la giustizia commutativa e quella distributiva, tra il divieto di discriminazione e l’eguaglianza sostanziale.
L’utilità sociale non è soltanto uno strumento di ri-equilibrio delle posizioni soggettive sbilanciate o di rilevanza giuridica dell’interesse meritevole della controparte quale fattore consustanziale della situazione giuridica complessa, essa va oltre.
Con essa si vuole impedire che l’agire contrattuale (sia nella fase statica che in quella dinamica) si riveli, per fattori anche estranei alle volontà soggettive, fonte di «inutilità sociale», di «insicurezza», di «soggezione abusiva», di «attentato alla dignità della persona», ossia fonte di ingiustizia individuale e sociale.