Architetto – e fratello maggiore del letterato e musicista Arrigo Boito – Camillo Boito (1836–1914) è noto tanto per la sua attività pratica di progettazione e di intervento, quanto per quella d’insegnamento, per i suoi numerosi saggi e articoli sull’architettura e sul restauro e per la sua occasionale produzione letteraria. Oltre che di numerosi scritti teorici, Boito è infatti anche autore di un discreto numero di racconti (raccolti in due volumi: “Storielle vane”, pubblicato nel 1876, e “Senso. Nuove storielle vane”, del 1883; a questi va aggiunto “Il maestro di setticlavio”, apparso sulla rivista “Nuova Antologia” nel 1891) che, sia pur non molto numerosi, per il loro valore lo collocano di diritto tra i più significativi autori italiani di narrativa breve di fine Ottocento.
Alla sua seconda raccolta di racconti, quella del 1883, appartengono le tre storie qui presentate: la prima, “Il collare di Budda”, è il comico e scanzonato racconto di una storia d’innamoramento e di disillusione tra le calli di una pittoresca Venezia di fine Ottocento, mentre le altre due, “Santuario” e “Macchia grigia”, due storie d’amore dall’esito tragico e dal tono decisamente drammatico, sono vicine come atmosfera alle tematiche del “maledettismo” della Scapigliatura lombarda.