Pubblicato nel 1881, «L’arte di far debiti» è un divertente romanzo che incanterà senz’altro anche i lettori contemporanei, grazie all’arguzia e all’ironia con cui Antonio Ghislanzoni lo ha scritto. Un uomo di alto rango arriva al termine della propria vita lasciandosi dietro un’infinita lista di debiti. In una sorta di testamento morale, quindi, decide di esporre la propria visione dell’esistenza e di insegnare — a chi vorrà ascoltarlo — come riuscire a campare indebitandosi sempre, senza al contempo pagare mai i propri creditori. Anzi, allontanandoli con l’illusione di non essere stati fregati. Libro agile, puntuale e ricco di verve, «L’arte di far debiti» è un inno alla vita in quanto tale: la celebrazione di una gioia talmente grande da non potersi vedere limitata dal grigiore di un’economia basata sullo sfruttamento e la mortificazione del prossimo…
Antonio Ghislanzoni (1824–1893) nasce a Lecco. Dopo essere stato espulso dal seminario ed essersi iscritto per breve tempo all’università, nel 1846 si fa scrittura come baritono dal teatro di Lodi. L’opera, insieme alla scrittura, rimarrà sempre la sua più grande passione. In anni turbolenti, segnati dalle guerre d’indipendenza, si afferma come romanziere («Suicidio a fior d’acqua», 1867), poeta («Libro proibito», 1878) e giornalista (fonda e dirige molte riviste, fra cui L’Uomo di pietra, L’Italia Musicale e Giornale-Capriccio). Influenzato dalla Scapigliatura milanese e dalle suggestioni tardo-romantiche, è autore del libretto dell’"Aida" di Giuseppe Verdi (1871), mentre col romanzo “Abrakadabra” (1884) si dimostra uno dei primi scrittori di fantascienza italiani.