Donna in un mondo di cavalieri spietati: che fare, subire in silenzio, oppure adattarsi alle circostanze?
Pubblicato nel 1938, “Il cavaliere della chimera” ci trasporta in una Venezia medievale, sospesa fra intrighi politici e superstizioni antichissime. Adrietta, strappata dal fratello adottivo Marco a un villaggio che accusava la madre di stregoneria, intraprende un’avventura straordinaria, che la farà diventare, sotto mentite spoglie, il famigerato cavaliere della chimera. Coinvolti nella congiura contro il doge Marino Faliero (1355), i due fratellastri ne vivranno di tutti i colori, sperimentando lotte, tradimenti e, immancabilmente, amori.
Alfredo Pitta (1875–1952) nasce a Lucera, dove si interessa precocemente alla letteratura e al giornalismo. Dopo aver pubblicato le prime novelle sul Foglietto — rivista diretta dal fratello Gaetano — si trasferisce a Roma, per collaborare al Messaggero di Roma, e poi a Milano. Nel 1904 entra come impiegato al Ministero dei Lavori Pubblici, posizione a cui affiancherà un febbrile lavoro di traduzione per Sonzogno e Mondadori. Negli stessi anni inizia a pubblicare i primi romanzi, che spaziano dal giallo al cappa-e-spada. Autore fertile e ricco di fantasia, pubblicherà una quarantina di libri, fra cui il celebre “Santajusta” (1936), incentrato sulla storia duecentesca della sua Lucera. Fra i suoi molti lavori, si possono citare anche “Castelmalo” (1931), “Le tredici colonne” (1933) e «L’idolo di Rankanava” (1940).