Francia, 1610 circa. Martin Marie Rigobert de Garnache vive un’esistenza boriosa nel placido Delfinato. Scorbutico, misogino e di mezza età, è comunque fedelmente al servizio della regina reggente Maria de’ Medici. Ed è proprio su richiesta della sovrana che lui, messe da parte le proprie riserve, accetta di avventurarsi in un’impresa che lo porterà a salvare una povera fanciulla da un’ingiusta prigionia, così da portarla alla corte reale e affidarla alla protezione della regina. Pubblicato nel 1909 — in inglese, come tutto il resto della produzione letteraria di Rafael Sabatini — «L’estate di San Martino» è un romanzo storico nel più tipico stile dell’autore di “Scaramouche”: intriso di ironia, sorretto da un intreccio articolatissimo e divertente, ma, soprattutto, scritto con una prosa brillante, arguta e sempre piacevole.
Rafael Sabatini (1875–1950) nasce a Jesi, figlio di due cantanti d’opera rispettivamente italiano e inglese. Cresciuto dunque in un ambiente cosmopolita, diviso fra Inghilterra, Portogallo e Svizzera, già a diciassette anni padroneggia cinque lingue. Inizia a scrivere i primi racconti attorno ai vent’anni, anche se il primo vero successo lo avrà solo col romanzo “Scaramouche” (1921). Da allora produrrà romanzi a un ritmo notevole — anche uno all’anno — creandosi un nutrito seguito di lettori fedeli, grazie anche a libri come “Captain Blood” (1922), “Bellarion the Fortunate” (1926) e “Venetian Mask” (1937). La scelta di scrivere in inglese, come ammesso da lui stesso, sarebbe dipesa dal proposito di emulare la ricchissima letteratura di età vittoriana.