Il «Sesto tomo dell’Io» rappresenta un episodio a dir poco unico, tanto nel panorama letterario di fine Settecento, quanto nella produzione dello stesso Foscolo: concepito come parte di un progetto più vasto, esso si presenta a chi legge come l’abbozzo di un romanzo autobiografico. Ispirandosi a Laurence Sterne (1713–1768), l’autore ha inteso raccontare il ventitreesimo anno di vita del protagonista, Lorenzo, in un lasso di tempo compreso fra il 4 maggio 1799 e il 4 maggio 1800. I frammenti che compongono quest’opera vanno di fatto a delineare una silloge di brani non necessariamente collegati, in cui vige una scrittura autoironica e dalle frequenti digressioni metanarrative. Un esperimento ardito, quindi! Ma tanto più prezioso, per chiunque già apprezzi Foscolo così come per chi lo scopra tardivamente, grazie al suo stile riconoscibile e denso, che ne fanno un documento letterario inestimabile.
Niccolò Foscolo (1778–1827) nasce nell’isola ionica di Zante. Trasferitosi da Spalato a Venezia, assisterà personalmente alla caduta della millenaria Serenissima Repubblica (1797). Muovendosi fra i salotti letterari e le biblioteche, Ugo — come sceglie di farsi chiamare — si interessa ben presto alla politica, restando profondamente deluso dal Trattato di Campoformio, con cui Napoleone cede Venezia agli austriaci. Ciononostante, animato da fermi ideali repubblicani, si arruola volontario nelle armate rivoluzionarie, combattendo sul Trebbia e a Genova. Considerato uno dei capostipiti italiani del classicismo e del romanticismo, è autore di opere fondamentali della letteratura nostrana, sia in versi che in prosa: dal romanzo 'Le ultime lettere di Jacopo Ortis' alla tragedia 'Tieste'. Perseguitato dalla polizia asburgica, morirà, esule e povero, a Londra. Le sue ceneri saranno traslate a Firenze, nel 1871, in ossequio al suo celeberrimo carme 'Dei Sepolcri'.